Una Critica al Sistema Capitalista
La crisi economica del 2007-2008, nota come la "Grande Recessione", ha segnato uno dei periodi più bui dell'economia globale contemporanea. Milioni di persone hanno perso il lavoro, le case e la sicurezza economica. Tuttavia, invece di sostenere direttamente i cittadini colpiti, i governi, in particolare quello degli Stati Uniti, hanno scelto di salvare le istituzioni finanziarie responsabili del disastro. Questo articolo analizza le cause strutturali della crisi, il ruolo delle banche e il fallimento delle riforme legislative, proponendo una riflessione critica sul sistema capitalistico.
Figlia: Papà, perché è così freddo in casa nostra questo inverno? Padre: perché non abbiamo soldi per acquistare carbone. Figlia: perché non abbiamo soldi? Padre: Perché sono stato licenziato dal mio lavoro presso la miniera di carbone. Figlia: perché la miniera di carbone ti ha licenziato? Padre: Perché abbiamo prodotto troppo carbone.
La crisi del 2008 non è stata un evento isolato, ma l'inevitabile conseguenza della logica intrinseca del capitalismo. Come spiegato da Marx ed Engels nel XIX secolo, il capitalismo è caratterizzato da cicli di "boom e bust", dove periodi di crescita economica sono seguiti da recessioni causate da sovrapproduzione. Nel caso della Grande Recessione, l'eccesso di produzione si è manifestato principalmente nel mercato immobiliare, con un'enorme quantità di case costruite oltre la domanda reale.
Le banche, incentivando mutui subprime e speculazioni finanziarie, hanno creato un sistema insostenibile. Questi mutui, spesso concessi senza adeguate verifiche di solvibilità, sono stati impacchettati in titoli derivati e venduti a investitori globali. Quando i prezzi delle case hanno iniziato a scendere, milioni di mutuatari si sono trovati "sott'acqua", ossia con debiti superiori al valore delle loro proprietà. La conseguente ondata di insolvenze ha portato alla quasi totale implosione del sistema finanziario.
In risposta alla crisi, il governo degli Stati Uniti ha stanziato 700 miliardi di dollari attraverso il programma TARP (Troubled Assets Relief Program) per salvare le principali istituzioni finanziarie. Inoltre, la Federal Reserve ha garantito trilioni di dollari in prestiti e garanzie. Tuttavia, nessuna condizione significativa è stata posta alle banche per l'utilizzo di questi fondi. Molte hanno utilizzato i soldi pubblici per distribuire dividendi agli azionisti e bonus ai dirigenti, invece di sostenere l'economia reale o i lavoratori.
Nel frattempo, milioni di famiglie sono state sfrattate dalle loro case. La disoccupazione è salita a livelli record e le disuguaglianze economiche si sono aggravate. Questo scenario ha evidenziato una verità fondamentale: il sistema capitalistico è progettato per proteggere gli interessi della classe dominante, non quelli della maggioranza.
Il dominio delle banche nell'economia moderna è un fenomeno che Lenin aveva già descritto nel suo saggio L'imperialismo: fase suprema del capitalismo. Le banche non sono più semplici intermediari, ma monopoli che controllano gran parte del capitale produttivo e delle risorse naturali. Negli ultimi decenni, la concentrazione del potere bancario è aumentata drammaticamente: le dieci maggiori banche statunitensi detengono oggi oltre il 60% delle attività bancarie totali.
Questa oligarchia finanziaria esercita un'influenza sproporzionata sulla politica. Attraverso lobbismo e finanziamenti elettorali, le banche garantiscono che le leggi e le regolamentazioni siano scritte a loro favore. La sentenza Citizens United della Corte Suprema degli Stati Uniti nel 2010 ha ulteriormente ampliato questa influenza, permettendo alle aziende di finanziare senza limiti campagne politiche.
Le attività criminali delle banche durante e dopo la crisi del 2008 sono ben documentate. Wachovia, ad esempio, ha ammesso di aver riciclato 378 miliardi di dollari per i cartelli della droga messicani tra il 2004 e il 2007. Nonostante l'entità del crimine, nessun dirigente è stato incarcerato. Allo stesso modo, molte banche hanno sistematicamente truffato i mutuatari, spesso prendendo di mira le comunità afroamericane e latine con mutui subprime predatori.
Un altro esempio è il debito studentesco. Con oltre 1 trilione di dollari in prestiti studenteschi accumulati negli Stati Uniti, milioni di giovani si trovano intrappolati in una spirale di debiti che spesso dura tutta la vita. Le banche traggono enormi profitti da questo sistema, con tassi d'interesse elevati e penalità severe per mancati pagamenti.
Molti analisti liberali propongono riforme per limitare il potere delle banche: reintrodurre il Glass-Steagall Act, spezzare le grandi banche o implementare regolamentazioni più severe. Tuttavia, queste proposte ignorano una realtà fondamentale: il sistema capitalistico non può essere riformato in modo significativo senza mettere in discussione la sua stessa esistenza. La competizione incessante per i profitti spinge inevitabilmente verso la speculazione e l'accumulo di ricchezze nelle mani di pochi.
La soluzione non risiede in una regolamentazione più rigorosa del capitalismo, ma nella sua sostituzione con un sistema economico fondato sulla pianificazione democratica e sulla proprietà collettiva dei mezzi di produzione: il socialismo. Sotto il socialismo, le risorse economiche sarebbero utilizzate per soddisfare i bisogni della società nel suo complesso, non per arricchire una piccola élite.
Un passo fondamentale in questa direzione sarebbe l'espropriazione delle grandi banche e la loro trasformazione in istituzioni pubbliche sotto controllo democratico. Questo permetterebbe di finanziare programmi per la piena occupazione, garantire il diritto alla casa per tutti, fornire assistenza sanitaria universale e rendere l'istruzione gratuita a tutti i livelli.
The myth of democracy and the rule of the banks (part one) – Liberati…
The myth of democracy and the rule of the banks (part two) – Liberati…